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Immagine del redattoreChiara

Onopordo maggiore

Una piccola porzione di terreno prelevata per la determinazione di una specie erbacea colta sulla costa Ligure è stata fonte di un’esperienza degna di un racconto. La pianta raccolta per essere determinata l’ho poi posta in un vasetto e dimenticata sul terrazzo per un anno, il vaso ha traslocato con me a 500 m s.l.m. in Trentino meridionale. La piantina è stato un insuccesso ma al suo fianco è spuntato dal terreno una piccola rosetta basale di quello che all’apparenza poteva sembrare un carciofo. Oberata dai tanti impegni che il cambio casa aveva determinato, ho deciso di traslocare le due compagne liguri poco vitali in terra piena lasciando che la natura decidesse per il loro destino, con l’accortezza di posizionarle vicino al muro di casa ma con poche speranze o pretese.

Mentre le sorti della prima si tramutarono in destino crudele, quelle della seconda, il piccolo “cardo”, furono a dir poco felici! La pianta ha superato il primo inverno con successo iniziando a crescere in modo vigoroso e invadente per tutta la primavera facendosi spazio con lunghe foglie spinose, anzi, spinosissime. Dal cuore della rosetta inizia così ad innalzarsi un grosso fusto alato e altrettanto irto di spine. A questo punto la curiosità verso questo strano ospite del giardino non era solo mia, ma aveva coinvolto anche passanti, parenti e vicini. Il fusto centrale infatti si innalzava cominciando a far intravedere i capolini dei fiori.. ecco che iniziano le prime ipotesi per identificare l’intruso, ma fino alla fioritura non si poteva dare il responso finale. Ci sono voluti oltre 2 m di fusto e 3 lunghi mesi prima di vedere finalmente i fiori, che in compenso hanno decorato la mia scala fiorendo fino a ottobre, con grande festa di insetti di ogni genere!

E’ una pianta che ben si presta ad abbellire i nostri giardini, purché l’inverno sia sufficientemente mite e il terreno ben drenato, e si abbia la pazienza di attendere il secondo anno per la fioritura. Rustica non richiede annaffiature, va però posizionata lontana dal gioco dei bambini in quanto le spine sono davvero poderose e distribuite su l’intera superficie della pianta, fiori e frutti esclusi. Si può coltivare anche in vaso su terrazzo, le sue dimensioni dipenderanno dalla quantità di terra, ma in questo modo si può portare il vaso al riparo dal gelo invernale garantendo alla pianta di prolungare la sua vita oltre i due anni.

Oltre che avere il vantaggio di permetterci di preparare originali e prelibati piatti, lasciata fiorire e fruttificare è una vera e propria oasi per la piccola fauna ospite dei nostri giardini e orti.

I fiori attirano numerosi insetti pronubi, ma è anche un ottimo punto di studio di quelle interazioni tra insetti che ruotano attorno all’afide. Le formiche non impiegheranno molto tempo a scovare una colonia di afidi sui capolini di questa pianta e a cominciare ad adottarli per alimentarsi della loro melata. Allo stesso tempo non si faranno attendere molto nemmeno crisope (nella foto le ovature) e coccinelle pronte ad affrontare le formiche, agguerrite nel difendere le loro “mandrie”, per potersi divorare i succosi e gustosi parassiti.

Una volta che i fiori avranno lasciato il posto al frutto, sarà il turno del cardellino, che potrà nutrirsi dei semi semplicemente estraendo il frutto dalla sua dimora e eliminando la morbida peluria costituita dai pappi.


SCHEDA PIANTA


Onopordum illyricum L.

Onopordo maggiore

Famiglia delle Asteracee.

Pianta erbacea biennale o perenne, alta 30-200 cm, con fusti robusti ricoperti di peluria e presentano espansioni alari dentato-spinose fin sotto il capolino con 4-6 file di ali spinosissime, con spine di 3-7 mm.

Le foglie basali sono ricoperte da una fitta peluria biancastra su entrambe le pagine, con spine lunghe fino a 2 cm. Presenta fiori color porpora, da giugno ad agosto.


E’ una pianta fortemente mediterranea (presente sulle coste del Mediterraneo, fin dove si spinge l’Olivo) che colonizza incolti aridi, macerie, bordi stradali fino ai 1200 m s.l.m. purché il clima sia medi terraneo secco.

Sembra che questa pianta fosse molto amata dagli asini anche se il nome di questo genere indicherebbe le controindicazioni di questa dieta, il nome infatti deriva dal greco ‘ònos’, asino e ‘pordè’, peto. Illyricum deriva invece dal latino Illyricus, aggettivo dato agli abitanti dell’Illiria, un’antica regione dell’Adriatico orientale.

Come altre specie appartenenti allo stesso genere, l’onopordo maggiore è commestibile. Si prelevano e cucinano le parti come per il carciofo selvatico Cynara cardunculus, di cui si mangiano i ricettacoli dei capolini che hanno un gusto dolce, mentre le coste delle foglie, mondate delle spine, possono essere pestate per realizzare timballi.

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